Ebbene sì, anche il Papa si interessa di Intelligenza artificiale
Ha destato interesse l'annuncio della Premier Meloni di una partecipazione di Papa Francesco a una sessione del G7 dedicata all'IA. Eppure non è la prima volta che un Pontefice ne parla.
Ha destato molto interesse l'annuncio della Primo Ministro del Governo Italiano Giorgia Meloni della partecipazione di Papa Francesco a una sessione del prossimo vertice G7 che si terrà in Puglia a metà giugno, dedicata all'Intelligenza artificiale. Come se fosse la prima volta che un Papa si interessasse dell’IA, tema che da oltre un anno e mezzo è sulla bocca di tutti, almeno di coloro che vivono nei Paesi più sviluppati e industrializzati.
Eppure Papa Francesco ha dedicato all’Intelligenza Artificiale, da quando è Pontefice, almeno una ventina di discorsi e più recentemente due Messaggi: quello per la Giornata Mondiale della Pace dell’1 gennaio di quest’anno, la 57ª - dedicato al tema “Intelligenza artificiale e pace” -,offrendo una panoramica molto dettagliata delle opportunità, dei rischi, delle sfide future e delle implicazioni oltreché tecnologiche anche etiche e antropologiche.
E quello per l’imminente Giornata Mondiale per le Comunicazioni Sociali, la 58ª, che si celebrerà domenica 12 maggio e dedicata al tema: “Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana”; qui la riflessione del Pontefice ha una impostazione piuttosto spirituale, invitando a considerare lo “stato di salute” del cuore umano per approcciarsi adeguatamente alla rivoluzione tecnologica apportata dai sofisticati artefatti cosiddetti “intelligenti”.
Lo stesso Primo Ministro ha anticipato che il motivo della partecipazione del Santo Padre ad un vertice come quello del G7 è dettata dalla volontà del Governo italiano di valorizzare la Rome Call for AI Ethics, promossa nel 2020 dalla Pontificia Accademia per la Vita e firmata inizialmente da Microsoft, IBM, FAO e a seguire Università di vari Paesi, altre organizzazioni e aziende (qualche giorno fa è stata la volta di CISCO), fino alle tre religioni abramitiche, di cui abbiamo dato conto nella nostra newsletter del 18 marzo scorso.
Ad onor del vero bisogna riconoscere che Papa Francesco non è l’unico Pontefice che ha riflettuto sull’Intelligenza Artificiale partendo da un’ottica antropologica, puntando sul bene che ne deve derivare per l’uomo, il quale deve mantenere la sua centralità in tutto il processo, dallo sviluppo all’utilizzo finale.
Benedetto XVI, ad esempio, riferendosi espressamente all’“intelligenza artificiale”, accenna al rischio che il contesto contemporaneo diventi “succube della tecnica sperimentale”, dimenticando che il compito della scienza è quello di “salvaguardare l’uomo e promuovere la sua tensione verso il bene autentico”. Si tratta allora di mantenere un equilibrio affinché ogni esistenza abbia “un solido fondamento e una valida finalità”, oltre a puntare a “una visione più profonda” della vita. Non bisogna, insomma, inseguire il mito della libertà a tutti i costi senza pensare anche alle conseguenze delle nostre azioni.
Prima di lui anche Giovanni Paolo II ha parlato di questi temi in almeno una decina di occasioni, a cominciare dal 1986. Data la sua formazione di indole filosofica puntava evidentemente di più sulle questioni antropologiche, invitando a porsi di fronte alle rivoluzionarie scoperte della tecnica “con vigile allenamento all’ascetica”, ben soppesando la responsabilità sociale e internazionale rispetto agli stessi progressi. È il Papa che suggerisce inoltre libertà di giudizio e scelta, uno spirito di servizio e la salvaguardia della dignità dell’uomo.
Come ho raccontato nel mio libro Anima digitale. La Chiesa alla prova dell’Intelligenza Artificiale (Tau, 2022) va anche ricordato che la Pontificia Accademia per la Vita non è l’unico organismo vaticano che si è occupato di queste tematiche, così come la Rome Call for AI Ethics non è la prima dichiarazione d’intenti che è stata offerta alla riflessione generale.
Nei tempi recenti, una delle prime iniziative di discussione sui vantaggi e le sfide dell’Intelligenza Artificiale è quella realizzata nel 2016 congiuntamente dalle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali, che hanno riflettuto sul tema Power and Limitations of Artificial Intelligence con la partecipazione di neuroscienziati, matematici - tra cui Stephen W. Hawking -, filosofi, informatici, psicologi allo scopo di “mappare il nuovo ambiente cognitivo che l’umanità sta creando per la prima volta nella storia”.
A tre anni di distanza, e comunque un anno prima dell’iniziativa della PAV, nel 2019 i due organismi hanno realizzato una seconda iniziativa legata all’IA dal titolo Robotics, AI, and Humanity.
Entrambi gli appuntamenti si sono conclusi con una “dichiarazione finale”. Nel primo caso, i 21 accademici firmatari - tra cui il microbiologo Werner Arber, i neuroscienziati Olaf Blanke e John Donoghue, gli scienziati cognitivi Josh Tenenbaum e Laura Schulz e il matematico Stephen Hawking - dopo aver analizzato tendenze, benefici e pericoli rivolgono alcune raccomandazioni.
Come orizzonte generale, puntare sempre “al bene maggiore”, riducendo i divari di povertà e guardando alle “necessità generali” in tema di sanità, educazione, felicità e sostenibilità. Di questo devono essere consapevoli anche i governi, chiamati a gestire una tale “enorme rivoluzione”, mentre scienziati, ingegneri e programmatori devono assumersi la responsabilità fondamentale “di assicurare che le loro tecnologie siano sicure e vengano utilizzate con propositi buoni”.
La seconda dichiarazione del 2019, che in effetti si pone in linea con la precedente, raccoglie 29 firme, tra cui quelle di Margaret Archer, Greg Reichberg, i giapponesi Nobumasa Akiyama e Arisa Ema e gli italiani Stefano Zamagni, Stefano Quintarelli e Pierpaolo Donati. In questo testo si riconosce che poiché l’anima umana è intrinsecamente incorruttibile, l’IA e i robot non potranno mai essere considerati persone o addirittura portatori di libertà umana o anima spirituale.
Si parla anche di come legiferare in questo campo, ricordando che occorre stabilire bene la proprietà dei dati, garantire le responsabilità e assicurare la trasparenza degli algoritmi, ragion per cui servono strumenti istituzionali legittimi. Innovativa anche la proposta sviluppata al numero 24 della dichiarazione, ossia quella di considerare l’IA, i robot e tutto il capitale digitale “come base imponibile”. Sarebbe un modo per ripristinare un minimo di equità dato che al momento questi sistemi godono di sussidi indiretti non essendo soggetti di imposta.
Come si vede, in nuce ci sono questioni molto concrete che al giorno d’oggi, dopo l’avvento pubblico di ChatGPT e dei suoi derivati, stanno dimostrando tutta la loro attualità. Motivo per cui la Chiesa non si trova impreparata.