IA: i pericoli esistono ma la responsabilità che ci portiamo dietro è più forte
Nel numero di marzo della rivista croata KANA è apparsa una mia intervista, in cui riprendo il tema dell'urgenza di una nuova alfabetizzazione digitale. Riporto qui il testo in italiano
Intervista di Aldo Sinkovic
Professore, potrebbe brevemente spiegare ai lettori di KANA l’ultima scoperta tecnologica con la quale si sta confrontando attualmente l’umanità, l’Intelligenza artificiale?
Effettivamente, dalla fine di novembre del 2022 siamo stati tutti catapultati in questa nuova evoluzione tecnologica che caratterizzerà le nostre esistenze per gli anni a venire, un tipo di intelligenza artificiale che viene messa a disposizione dell’uomo comune, e che è capace di intercettare le sue qualità legate al linguaggio naturale.
Senza dilungarci molto sul contesto storico in cui è sorto questo campo di studio e ricerca – le cui origini rimandano agli anni 50’ del secolo scorso, inclusa la coniazione del termine – possiamo dire sinteticamente che l’intelligenza artificiale raggruppa un insieme di sistemi basati su una vasta gamma di metodologie e tecniche legate al campo dell’informatica, capaci di imitare l’intelligenza umana. Ciò avviene attraverso algoritmi e software che consentono a delle macchine di compiere attività un tempo di assoluta esclusività umana, ossia comprensione del linguaggio, riconoscimento di immagini e suoni, risoluzione di problemi complessi, traduzioni automatiche, guida autonoma, via discorrendo.
Se capisco bene, L’IA non è una forma artificiale dell’intelligenza, ma uno dei suoi prodotti. Evidenzia le potenzialità e le sfide nei campi di educazione, economia, lavoro, sanità, relazioni umane e internazionali, contesti di guerra e di convivenza?
Esattamente, anche nell’ultimo documento rilasciato dalla Santa Sede, Dicastero della Fede e della Cultura e l’Educazione, intitolato Antiqua et nova, si fa questo tipo di affermazione specificando la natura strumentale di queste scoperte, prodotti appunto, che sono sempre frutto dell’ingegno umano. Nello specifico, e nei campi che lei stesso ha citato, ci sono sicuramente dei vantaggi che derivano senza dubbio dalla capacità di queste tecnologie di elaborare grandi quantità di informazioni in modo rapido e preciso, dall’automazione dei diversi processi, ma anche dalla riduzione dei costi e dal permettere esperienze personalizzate.
Non sono esenti da sfide, evidentemente, come può essere nell’immediato la sostituzione del lavoro umano, soprattutto di quello più ripetitivo (ma al tempo stesso più usurante), l’impatto nelle questioni della privacy e della sicurezza (visto che tutto l’ingranaggio si muove sostanzialmente grazie al carburante dei dati, molto spesso anche personali). Ci sono poi i rischi in termini di pregiudizi e disinformazione (bias e allucinazioni degli algoritmi), di inequità e disuguaglianze sociali (a non tutti è concesso accedere a questo sviluppo) e il possibile uso improprio o letale delle macchine cosiddette intelligenti, come nei conflitti bellici.
L’IA tocca ornai tutti i settori della vita scientifica, politica, sociale e naturalmente religiosa. Secondo Lei, potrà aiutarci a capire certi misteri che finora l’uomo non è riuscito a svelare.
Se per “misteri” intendiamo questioni scientifiche ancora irrisolte, come la natura della materia oscura o i limiti della coscienza umana, l’intelligenza artificiale può senz’altro offrire strumenti di analisi sempre più raffinati, accelerando scoperte che altrimenti richiederebbero decenni. Tuttavia, se parliamo di misteri in senso filosofico, esistenziale o religioso, allora ritengo che questa tecnologia avanzata non possa sostituire il percorso di ricerca e discernimento proprio di ciascun essere umano.
Il mistero, nella prospettiva della fede, non è semplicemente un enigma da risolvere, ma una realtà da contemplare, che coinvolge la libertà, il senso della vita e la relazione con il Trascendente. In questo senso, l’IA può essere uno strumento utile per approfondire la conoscenza e il dialogo tra fede e ragione, ma non potrà mai sostituire ad esempio la capacità umana di meravigliarsi, di interrogarsi sul senso ultimo delle cose e in definitiva credere.
Sembra che la Chiesa sia molto interessata all'IA per la possibile applicazione nella diffusione del Vangelo, allo stesso tempo tuttavia è preoccupata per i pericoli di un suo uso inadeguato. Esiste davvero il pericolo, a Suo parere, che l’uomo diventi schiavo delle macchine?
Mi piace leggere queste premure della Chiesa in una prospettiva positiva: rendere le persone consapevoli che è il momento di assumersi le proprie responsabilità, che si traducono in decisioni, scelte, capacità critica e desiderio di imparare a governare lo sviluppo tecnologico piuttosto che esserne governati. Il pericolo, come ogni altro aspetto che caratterizza l’esistenza umana, è sempre potenziale, mentre la capacità di mitigarlo e la convinzione di non cedervi è una prerogativa fortemente innovativa e inesauribile.
Dunque, i pericoli esistono, ma la responsabilità che ci portiamo dietro è più forte e può davvero fare la differenza in queste (e in altre) circostanze. Tutto dipende allora dalla disposizione d’animo con cui ci poniamo di fronte ai nostri atti, comprese in questo caso le nostre invenzioni. Lo ha spiegato bene Papa Francesco nel Messaggio per Comunicazioni Sociali dello scorso anno, e lo ha ripetuto in maniera più dettagliata nella sua partecipazione al G7 di Borgo Egnazia in Puglia (Italia) del 14 giugno scorso. Tutto dipende, in definitiva, da quale tipo di società vogliamo consegnare alle future generazioni.
Mi sembra che vi siano poche persone preparate a indirizzare i giovani sulla strada giusta per l'utilizzo di questo strumento prezioso. Cosa ne pensa? Che tipo di specialisti bisognerebbe formare?
Non saprei dare un ordine di grandezza rispetto a ciò a cui fa riferimento, se pochi o troppi, o troppo improvvisati o poco preparati. Però lei tocca un giusto tasto nella questione, che non riguarda soltanto i giovani, ma ciascuno di noi, a qualunque età. Ed è quello della necessità di “rimettersi a studiare”, poiché la velocità con cui queste tecnologie evolvono e la loro pervasività in tutti i settori del vivere umano lo impongono.
Bisogna perciò aspirare a un grande desiderio di “nuova alfabetizzazione”, che deve riguardare tutti gli ambiti in cui l’elemento dell’intelligenza artificiale ha e potrà avere influsso, da quello degli sviluppatori, agli imprenditori, dalla politica al mondo dell’educazione, nelle famiglie, fino ai singoli utilizzatori. Certamente, ci sono agenzie educative che hanno maggiore responsabilità e sui cui ricadono le migliori aspettative. Penso alla scuola sin dalla tenera età, ma anche ai centri accademici che devono riflettere e fare proposte innovative affinché lo sviluppo tecnologico vada di pari passo con lo sviluppo umano, che deve sempre rimanere etico e sostenibile.
Prima di salutarci, vi ripropongo la registrazione del primo webinar su Il lessico dell’Intelligenza Artificiale della scorsa settimana, con ospite il prof. Walter Quattrociocchi della Sapienza Università di Roma, il quale ci ha parlato di COMPETENZA.
Tra una settimana esatta, invece, - lunedì 31 marzo, alle ore 16 - parleremo di SICUREZZA, con l’esperto Luca Sambucci, che si dedica a queste tematiche da tempi non sospetti.
Ci si può iscrivere a questo indirizzo.
Vi aspetto e alla prossima!