I bambini e l’intelligenza artificiale generativa: comprenderne l'impatto
Dopo aver esplorato, la scorsa settimana, l’influenza dell’AI generativa tra i giovani, ci soffermiamo ora su una fascia d’età ancora più delicata: quella dei bambini tra gli 8 e i 12 anni
Dopo aver esplorato, la scorsa settimana, l’influenza dell’AI generativa tra i giovani, ci soffermiamo ora su una fascia d’età ancora più delicata: quella dei bambini tra gli 8 e i 12 anni. Lo facciamo a partire da uno studio recente condotto dal The Alan Turing Institute, finanziato dalla LEGO Foundation e basato sul framework RITEC promosso da UNICEF. Il progetto ha incluso anche laboratori scolastici, realizzati in collaborazione con il Children’s Parliament, in due scuole statali scozzesi.
Quello che emerge dall’indagine - condotta su 780 bambini, affiancati da oltre 1.000 insegnanti - è una fotografia che sorprende: quasi un bambino su quattro tra gli 8 e i 12 anni ha già utilizzato strumenti di AI generativa. Tra coloro che dichiarano di averli provati, il 72% ne fa uso almeno una volta al mese. Il più diffuso è ChatGPT (58%), seguito da Gemini (33%) e da My AI di Snapchat (27%).
Si tratta di strumenti progettati per un pubblico adulto ma già penetrati nei mondi frequentati dai più piccoli, come giochi online, app educative, ambienti di ricerca o di messaggistica. Più del 70% di questi ragazzi dichiara un uso regolare, rivelando quindi che non si tratta di esperimenti occasionali ma di presenza attiva nella loro quotidianità.
Disparità a seconda dell’età e dei contesti
Gli utilizzi variano evidentemente in base all’eta: quelli più piccoli – tra gli 8 e i 9 anni – si avvicinano all’AI per semplice divertimento: creano immagini e esplorano spazi giocosi. A 10 anni iniziano a usarla per stimolare la propria creatività visiva, mentre gli 11-12enni la includono anche per supporto scolastico, compiti e ricerche.
Un altro dato interessante riguarda i bambini con bisogni educativi speciali, che fanno un uso più esteso e articolato dell’AI rispetto ai coetanei: il 39% la consulta per questioni personali (contro il 16%) e il 30% la utilizza per giocare o comunicare con gli amici (contro il 19%). Per molti, è uno strumento per superare barriere comunicative o per trovare un supporto che altrove manca.
Un altro aspetto che colpisce è la differenza tra contesti educativi. Tra gli studenti delle scuole private, il 52% dichiara di usare l’AI generativa, contro appena il 18% degli studenti delle scuole statali. Anche la frequenza d’uso è molto diversa: il 72% dei bambini delle scuole private la usa più volte a settimana, rispetto al 42% di chi frequenta scuole pubbliche.
Cosa pensano genitori e insegnanti?
Dal lato familiare, la maggioranza dei genitori (76%) esprime una valutazione positiva sull’uso dell’AI da parte dei figli. Ma non mancano le preoccupazioni: l’82% teme l’esposizione a contenuti inappropriati e il 77% è allarmato dalla possibilità che vengano acquisite informazioni errate. Inoltre, solo il 41% mostra preoccupazione per un uso scorretto legato ad esempio al plagio.
Anche tra gli insegnanti le opinioni sono variegate: l’85% di chi utilizza l’AI nel proprio lavoro riporta un aumento della produttività e un impatto positivo sulle attività didattiche. Tuttavia, quando si guarda all’uso da parte degli studenti, le riserve aumentano: il 57% ha rilevato episodi di compiti interamente generati dall’AI, il 49% nota un calo nell’impegno scolastico e il 48% sottolinea una minore diversità nelle idee espresse. Solo il 40% ritiene che l’AI abbia migliorato la creatività degli studenti.
Coinvolgimento diretto dei bambini
Un punto di forza del progetto è stato il coinvolgimento diretto dei bambini attraverso laboratori scolastici. In due scuole scozzesi, 40 bambini tra i 9 e gli 11 anni hanno avuto modo di sperimentare, riflettere e discutere sull’AI generativa. Le loro reazioni hanno evidenziato una certa maturità e sensibilità - viene riportato nel report - come ad esempio sul piano ecologico, collegando l’uso dell’AI al consumo di risorse energetiche e idriche. Altri hanno evidenziato l’assenza di rappresentazione nei risultati visuali generati, come nel caso di bambini di colore o di culture minoritarie.
È emersa poi una richiesta precisa - che è la stessa che hanno fatto i giovani nella “Carta del Diritto all’Innovazione di cui abbiamo riferito la settimana scorsa - : essere coinvolti. Non solo ascoltati, ma inclusi nei processi di progettazione e regolamentazione delle tecnologie che li riguardano.
Verso un’AI generativa che tuteli e promuova l’infanzia
Lo studio si conclude con alcune raccomandazioni, in cui si invitano tutti gli attori coinvolti — sviluppatori, decisori pubblici, educatori e famiglie — a riconoscere che i benefici dell’AI generativa per i bambini non possono essere realizzati senza una progettazione attenta, partecipata e responsabile.
Occorre sviluppare strumenti pensati per essere sicuri, accessibili e adeguati all’età; promuovere l’educazione all’uso consapevole dell’AI fin dalla scuola primaria; offrire supporto concreto agli insegnanti; garantire un accesso equo tra scuole pubbliche e private; contrastare i bias nei contenuti generati e assicurare che ogni bambino si senta rappresentato.
Non da ultimo, è urgente rispondere alla preoccupazione crescente per l’impatto ambientale di queste tecnologie. Solo in questo modo l’intelligenza artificiale potrà diventare un alleato del benessere e dello sviluppo integrale anche dei più piccoli.
Il documento integrale è disponibile a questo indirizzo.
Prima di salutarci vi ricordo il nostro 8º appuntamento con il Lessico dell’IA, lunedì prossimo 23 giugno alle ore 16. Avremo con noi la prof.ssa Flavia Marcacci (Università di Urbino), con la quale affronteremo il tema del BENESSERE. Ci si può ancora iscrivere qui.
Qui è possibile rivedere gli streaming precedenti:
A presto!